Il ciclone Guzzanti con ''Giuro di dire la varietà''

Al Cortile Platamone due ore di stand up comedian. Tra applausi e scirocco.

L’ansimo dei ventagli in uno sciroccoso Cortile Platamone assomiglia ad una involontaria coreografia da olimpiade. Per l’esordio di “Schegge”, il cartellone estivo dello Stabile, timidi applausi ma sincopati d’impazienza chiamano sul palco Sabina Guzzanti, la protagonista di “Giuro di dire la varietà”, lo show scritto a quattro mani con Curzio Maltese.
Sulle note di un impertinente minuetto pseudorisorgimentale lei attacca nei panni onnipotenti di Silvio Berlusconi che, con la stereotipata verbosità di un paradossale monologo, svela la verità: “Le elezioni io le ho vinte, sono gli italiani che le hanno perse!” Lungo due ore piene di “stand up comedian”, armata solo di microfono e di lingua sciolta per raccontare e per raccontarsi, per interrogare e per interrogarsi, Sabina Guzzanti declina il caso Italia smascherando bugie, omissioni, censure in un nero e sexy decollete. Dal catodico rimbambimento al caso Previti, dal ministro che tira(va) di coca al tettuto vallettume televisivo, dall’opposizione confusa alle starlette ignoranti e sgrammaticate “Giuro di dire la varietà” non risparmia nessuno e niente, “colleghi” di satira compresi: quelli di “Striscia la notizia”? “Inseguono un assessore che fa errori ortografici ma tacciono sulle berlusconerie”.
E poi giù - citando Chomsky, Sontag e Gore Vidal - sull’America “quella che a forza di esportare la democrazia è rimasta senza…” La politica estera di Bush? Al livello dei film di Van Damme”. Insomma, altro che satira, piuttosto una lucida lezione anticapitalistica e antiglob ispirata dalle richieste dei musicisti-complici che l’accompagnano.
Corrosiva poi sulla italiota cialtroneria dell’informazione: “Fare satira - riflette - significa ribaltare la realtà, per questo prima devo rifare il telegiornale e poi posso cominciare …”
E quando lo fa ce n’è dalla ‘a’ dell’Annunziata, passando per Giuliano Ferrara (“l’aggressore sessuopolitico”), alla ‘v’ di Vespa e di tutti i suoi “Porta a porta”. Non dimentica nemmeno le nuove generazioni, quelle del look e dell’atteggio. E gli intellettuali poi, questi perenni grandi assenti, tronfi di pubblicazioni e di talk show! E la sinistra italiana, così piccola piccola? Quella è in perenne coma vigile: “Per questo - sottolinea la Guzzanti nei panni di D’Alema - ho messo Fassino…” Così lo show - maculato di frequenti applausi – si connota soprattutto attraverso una dimensione personale insieme a quella più propriamente comica e teatrale, culminante - dopo l’esilarante duetto di Silvio con la morte che condanna il Presidente ad autoinfliggersi per l’eternità - nel finale marionettistico prima del quale Sabina lancia il suo di appello: “Cominciamo a fare i nostri interessi, magari con un colpo di piazza, la democrazia nasce così…” Perciò quella della Guzzanti è una satira criticamente intelligente, che non sa né vuole elargire facili risate sguaiate: e siccome la verità/varietà fa male, ma “libera”, sotto i baffi dei nostri sorrisi s’insinua un po’ di malinconia. E non solo per quelle note di fisarmonica …

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