I silenzi parlanti di Guccione e Sarnari

Incontro con Piero Guccione e Franco Sarnari, due tra i più grandi pittori di oggi. Lo hanno organizzato la cattedra di Storia dell'Arte Contemporanea e la Facoltà di Lingue e Letterature Straniere in collaborazione con il Centro Voltaire. Li ha accolti, nell'Auditorium dei Benedettini. una piccola folla.


Una
conversazione “per la pittura” con alcuni dei suoi protagonisti
contemporanei: vertiginosa per suggestioni, per emozioni, per le evocazioni che
da quella si ramificano. Al di là degli accademismi l'incontro con Franco
Sarnari e Piero Guccione presso l’Auditorium dei Benedettini, promosso dalla
Facoltà di Lingue e Letterature Straniere, dal Dipartimento di Filologia, dalla
Cattedra di Storia dell'arte contemporanea, in collaborazione col "Centro
Voltaire", assume poi maggiori significati allorquando - come ha
giustamente notato il preside Antonio Pioletti - il luogo che questi grandi
artisti hanno scelto è la Sicilia, sorta di frontiera-avamposto di quel legame
tra cultura mediterranea e continentale. L'incontro è stato il primo d'una
serie di iniziative promosse dalla Cattedra di Storia dell'Arte Contemporanea
della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere di Catania (guidata da Giuseppe
Frazzetto), per un confronto fra le sollecitazioni culturali provenienti dal
mondo universitario e quelle “diverse ma spesso complementari” proposte dal
sistema dell'arte.
E’ stato Nunzio Zago,
docente di Letteratura Italiana, sul filo della memoria, a ricostruire il
rapporto personale che, attraverso la mediazione di Gesualdo Bufalino, lo ha
avvicinato a Piero Guccione. “Anzi - ha evidenziato Zago nel corso della sua
fascinosa lettura - Guccione e Sarnari, in ritiro nell’eremo della campagna
sciclicana, hanno restituito a quella parte di Sicilia, così come aveva fatto
lo stesso Bufalino in letteratura, una forte identità culturale, reinventando
un’isola mite di lune dolci e di miti affetti familiari”.
Il loro magistero
infatti, supportato dagli intellettuali che gravitavano attorno al movimento
culturale “Brancati”, si sarebbe condensato nel Gruppo di Scicli, avviando
tutta una generazione di artisti”. Loro, come ha ‘obliquamente’
sottolineato Giuseppe Frazzetto contestualizzandone l’attività, “hanno
operato in maniera ‘inattuale’ sforzandosi di dipingere in un momento in cui
veniva considerata arte qualsiasi cosa non fosse pittura: dall’arte
concettuale, alla performance, dalla body-art alla video-arte”. Quando tocca a
loro, Guccione e Sarnari scelgono un silenzio allusivo e denso, discreto ed
imbarazzato. Una laconicità aprogrammatica che sfugge all’autocitazione. Il
primo – la sua pittura, secondo Frazzetto, esprime la sobrietà ed il pudore
sull’orlo del precipizio – si limita a parlare di un lavoro solitario
difficile che restituisce il frutto del proprio pensare e del proprio vedere.
L’altro regala un frammento in forma di lettera: “dipingere – scriveva Sarnari nell’89 è rapporto tra emozione e linguaggio, ma è anche mentire a
se stessi, per sentirsi pronto ad un'altra sconfitta”. La querelle sofistica
(piccola piccola) innescata dall’intervento di Vito Librando che anima gran
parte del dibattito, tra precisazioni, aggiunte e correzioni? Accademia. Di
fronte alla purezza leopardiana di Guccione e alle preziosità coloristiche di
Sarnari.

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