Discarica e Vanadio: due spettri si aggirano nel territorio etneo

discaricaL’esposizione del nostro territorio ai miasmi di morte della discarica, a cui -pare- si aggiunge ora anche la presenza di vanadio nell'acqua potabile, legittima una protesta civile che dovrà essere sostenuta da tutte le parti politiche, al di là di ogni sigla di appartenenza o di confine territoriale.

E’ fondamentale ribadire ancora la necessità che questa discarica, dichiarata chiusa e presso la quale non sarebbe più possibile conferire alcun tipo di rifiuto, deve essere “tombata” anche per far cessare la naturale produzione di percolato dovuto alle acque piovane.

Infatti, non si riesce a spiegare perchè, una volta disposta la chiusura della discarica per la fine di giugno 2012, non si avviano ancora le necessarie procedure per l’affidamento dei lavori di bonifica, anzichè prospettare probabili ampliamenti o insediamenti di nuove discariche ed esporre i cittadini ad ulteriori rischi che potrebbero trasformare una ragionevole protesta in rivolta popolare.

Ma una riflessione va fatta anche sull’altro pericolo costituito dal vanadio nell’acqua, che sembra essere finito nell’oblìo di tutti.

Nel 2010, infatti, veniva resa nota l’informativa predisposta dal Servizio Igiene Alimenti e Nutrizione dell’ASP di Catania in relazione alla presenza nelle acque potabili del territorio etneo di concentrazioni di Vanadio, spesso superiori ai limiti tollerabili.

Pertanto, si obbligavano gli acquedotti a mettere in atto procedure per garantire che non fossero presenti concentrazioni tali che potessero costituire rischi per la salute nelle acque destinate al consumo umano.

D’allora nulla più è stato dato di sapere alla cittadinanza, mentre già cresceva l’altra minaccia d’inquinamento della discarica di contrada “Sieli” a Misterbianco e nei territori limitrofi, dove la protesta di comitati civici scende in campo il 15 di questo mese di Settembre per opporsi allo scempio cui è stato condannato il nostro ambiente.

Non è un allarmismo esagerato, ma ricordarlo è una necessità affinchè il problema venga sollecitato all’attenzione delle Amministrazioni Comunali del circondario etneo per gli opportuni accertamenti sulle concentrazioni tossiche delle acque potabili somministrate agli utenti serviti dai diversi acquedotti che operano nel nostro territorio.

In quest’ultimo periodo pare sia stato osservato un incremento dei livelli di vanadio nell’ambiente. Il vanadio, infatti, è un inquinante potenzialmente tossico che può produrre effetti pericolosi per gli organismi viventi.  I suoi composti si trovano nella crosta terrestre e nelle rocce, in alcuni minerali e nei depositi di petrolio greggio.

L’esposizione ad alti livelli di vanadio nell’aria può causare effetti tossici pericolosi al tratto respiratorio, osservati sia nei lavoratori esposti che attraverso studi sugli animali.  Sull’uomo gli effetti del vanadio ingerito con gli alimenti non sono conosciuti ma numerosi studi hanno evidenziato effetti tossici dei composti del vanadio introdotti nella dieta attraverso l’acqua o gli alimenti.  Esperimenti sull’uomo e sugli animali hanno mostrato che il vanadio si accumula principalmente nell’osso, nel rene, nel fegato e nella milza.

Addirittura livelli relativamente bassi di vanadio nell’acqua di animali gravidi hanno portato ad anomalie alla nascita. Alcuni animali che hanno respirato o ingerito vanadio per un lungo periodo hanno evidenziato alterazioni epatiche e renali.

E’ probabile, quindi, che perfino concentrazioni relativamente basse di vanadio possano causare disturbi agli animali attraverso effetti cumulativi. La presenza di livelli di vanadio piuttosto alti nei mangimi commerciali, solleva la necessità di comprendere meglio la problematica del vanadio per le specie zootecniche in relazione ai residui presenti nelle carni macellate e consumate dall’uomo.

A tal proposito voglio riprodurre qui di seguito il testo del giornalista (nostro concittadino) Alfio Sciacca, uno dei promotori del comitato civico NO DISCARICA, il quale -in un articolo pubblicato alla pag.20 del quotidiano “Corriere della Sera” del 9 Novembre 2009- denunciava all’opinione pubblica il risultato della sua indagine giornalistica sul pericolo del vanadio.

Enzo Arena

 

L' Etna che fa ammalare: troppi metalli nell'acqua

di Alfio Sciacca

Ci si ammala di tumore alla tiroide a Catania, più che in ogni altra parte del mondo. E una delle cause potrebbe essere l'acqua potabile che arriva dall' Etna, ricca di metalli pesanti potenzialmente pericolosi. E’ stata accertata la presenza di ferro, boro, manganese e vanadio oltre che di radon con livelli spesso al di sopra della massima concentrazione ammissibile.

Che Catania detenesse il primato per un tumore che colpisce soprattutto le donne si era capito da tempo. Ma finalmente si riesce a scoprire il motivo. Sul Journal National Cancer Institute di Oxford, una delle più importanti riviste internazionali di oncologia, è stata pubblicata una ricerca realizzata dagli istituti di endocrinologia siciliani in collaborazione con l'Osservatorio epidemiologico e l' Arpa, l' Agenzia per l'ambiente.

Nel periodo 2002-2004 i ricercatori hanno accertato che l'incidenza di tumori alla tiroide in provincia di Catania è stata di 31,7 casi ogni 100 mila abitanti nelle donne e di 6,4 per gli uomini. Contro una media della metà nel resto dell'isola (simile a quella italiana): 14,1 casi per le donne e 3 per gli uomini. Nell'area etnea quindi c'è qualche fattore di rischio. Altre ricerche avevano evidenziato che questa zona dell'isola e le Hawaii sono accomunate dall'alto numero di tumori della tiroide ed era stato immediato il collegamento con l'unica cosa che hanno in comune, cioè un vulcano.

Ma se fino ad ora si era data molta importanza alle emissioni di vapori, lo studio pubblicato sulla rivista americana analizza anche la qualità dell'acqua. Per una ragione. «Ci siamo accorti - spiega Riccardo Vigneri, direttore dell'istituto di Endocrinologia di Catania - che l'incidenza di tumori alla tiroide in provincia di Catania è alta anche nei comuni che sono lontani dal vulcano. Mentre non è così in aeree della provincia di Messina che sono più vicine all'Etna. Da qui gli accertamenti sull'acqua che è l'unico elemento che accomuna i residenti della provincia».

Ma cosa c'è di pericoloso nell'acqua dell'Etna? Le analisi hanno accertato livelli di metalli pesanti e radon troppo spesso al di sopra del cosiddetto MAC (massima concentrazione consentita). Così per il vanadio in 193 campioni d'acqua sui 280 esaminati, per il boro in 131 campioni su 468, fino al Radon che supera il Mac in 48 campioni su 119.

E questo per un bacino idrico enorme: ben 1.700 milioni metri cubi d'acqua utilizzata da 750 mila persone. Ecco perché gli stessi ricercatori vogliono evitare allarmismi.

«Nell'acqua ci sono metalli pesanti potenzialmente pericolosi, spiega Gabriella Pellegriti (responsabile esecutivo della ricerca ). Ma attenzione, non abbiamo la dimostrazione scientifica di un rapporto causa-effetto tra queste sostanze e l'insorgenza dei tumori. C'è invece una linea di ricerca sulla quale occorre continuare a lavorare».

Lo studio ha accertato l'aumento di un particolare tipo di tumore alla tiroide cosiddetto “papillifero”. «Spesso - spiega la Pellegriti - l'insorgenza di questo tumore è correlata ad una mutazione genetica di un gene chiamato “BRAF”.  Nei tumori tiroidei di Catania questa alterazione è più frequente che altrove ed è possibile che sia dovuta alla presenza di un carcinogeno ambientale di natura vulcanica presente nell'aria o nell'acqua».

La ricerca sta suscitando grande interesse nella comunità scientifica soprattutto in altre aree del mondo in cui ci sono vulcani attivi.

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