Di chi è la colpa? Cronaca dell’ipocrisia di un Governo inaffidabile

Nave ItaliaMi colpiscono le sfrontatezze di Salvini e Di Maio nel modo di esprimersi sulle vicende della crisi di governo svicolando dalla dimensione del discorso e addossando colpe l’uno contro l’altro quando per 15 mesi, alleati di governo, hanno intrecciato intese e provvedimenti condivisi che hanno fatto regredire la politica a contrattazioni di reciproche compiacenze tra “piccoli” leaders.

Adesso, col governo in agonia, i due protagonisti si lanciano accuse reciproche nel tentativo di scrollarsi di dosso la responsabilità, l’uno perché convinto che il vento del populismo al momento possa soffiargli a favore, e l’altro gli corre dietro proponendo la riduzione dei costi della politica con la decurtazione di parlamentari prima delle dimissioni del governo, come se questa fosse una soluzione del dissesto economico del Paese. E’ soltanto uno spot pubblicitario in vista di una eventuale campagna elettorale, e non è il provvedimento giusto per risanare le casse dello Stato, perché in tal caso sarebbe più logico ridurre gli emolumenti ai parlamentari anziché il numero. Infatti non è il numero di deputati il problema della politica, bensì il numero di quanti la esercitano con disonestà. Si sa che la “Democrazia” ha un costo, ma ridurre in Parlamento il valore delle rappresentanze sociali che lo compongono significa sgretolare le impalcature istituzionali di crescita democratica e di partecipazione alle scelte del Paese. Oggi le istituzioni dello Stato sono vuote di politica e c’è scarsa dimestichezza con la dimensione dei problemi per la diffusa inesperienza politico-sociale di chi pratica. In Parlamento, infatti, pochi sono gli eletti che hanno militato in Partiti, moltissimi gli “inesperti” giunti nella sfera pubblica italiana, molti i furbetti e tanti i parassiti. E’ il risultato compiuto da questo sfasciato sistema, dove il vuoto politico e le incompetenze finiscono nel catastrofico consenso al primo pifferaio magico.

Da questa prospettiva appare ovvio dover incentivare nei cittadini l’interesse per la politica, rifondare i Partiti come scuola di democrazia e di emancipazione, rivedere il finanziamento pubblico dell’attività dei Partiti, cancellare l’immunità parlamentare e ridurre abbondantemente gli esagerati compensi per evitare che la politica diventi strumento di proficuo reddito a chi la pratica nelle istituzioni di Stato, Regioni e Comuni. Non dico che la politica dovrebbe essere volontariato perché ritengo giusto che i nostri rappresentanti siano ripagati per le spese sostenute nel loro esercizio. Ed invece il casto Di Maio vuole ora ridurre le rappresentanze del popolo in Parlamento, mentre gli preme voler prolungare anche per la prossima legislatura il suo mandato contrariamente a quello che erano le regole originarie del M5S.

Lo dico con la convinzione di ritenere essenziale il finanziamento pubblico della Politica, ma non i politici stipendiati dallo Stato. Lo si faccia, però, mediante un finanziamento trasparente ai partiti e proporzionato al numero delle rispettive rappresentanze elette, con Bilanci di Partito rigidamente controllati dallo Stato e documentati, affinchè il pubblico denaro non diventi un fondo perduto per i profittatori ma un incentivo che incoraggi la ricomparsa di grandi serbatoi di cultura politica nei Partiti, intesi come liberi movimenti e scuole di pensiero per riorganizzare la vera democrazia offrendo ai cittadini gli strumenti di avvicinamento alla partecipazione e all’amministrazione del nostro “BENE COMUNE”. E in tal caso sarebbe compito primario cominciare subito con un serio riordino di TRE fondamentali punti cardini strutturali e morali, così sintetizzati:
1°)-Applicare leggi severe sul falso in bilancio e trasferire dallo Stato ai Partiti LA RESPONSABILITA’ e la SOBRIETA’ di amministrare CON PROPRI BILANCI i costi finanziati dallo Stato per l’espletamento dei compiti istituzionali dei rispettivi eletti nonchè le spese di tutti servizi sussidiari (spazi televisivi per comunicare, sedi ufficiali per discutere e celebrare congressi, pubblicità elettorale, etc.) al fine di consentire al “volontariato” politico quell’apprendistato di formazione da cui far emergere i quadri dirigenti. L’erogazione di denaro ai Partiti (non ai politici) consentirebbe a farci acquisire la possibilità di riappropriarci della politica e di attrezzarla necessariamente dell’attivismo “volontario” di talenti che sappiano applicare, prima di tutti a se stessi, i codici etici per l’accesso alle candidature delle oneste rappresentanze popolari. In tal modo la loro elezione, VINCOLATA all’appartenenza politica dal PRINCIPIO ETICO e dall’ECONOMATO di Partito, TROVEREBBE IL GIUSTO RIMEDIO (pena la decadenza di mandato) PER DEBELLARE IL TRASFORMISMO, IL VOLTAGABBANISMO e LA COMPRAVENDITA DEGLI ELETTI.
2°)-Abolire la piaga degli Enti inutili clientelari e, se è vero che LA DEMOCRAZIA E’ CAMBIAMENTO, alternandoli con durata in carica SOLO PER UNA LEGISLATURA al fine di evitare che la frequenza nei palazzi delle istituzioni elettive diventi fissa dimora.
3°)-Ridare agli elettori la sovranità di eleggere i propri candidati col meccanismo delle primarie e interdire le candidature a chi ha condanne penali o è in corso di giudizio, nonchè a coloro la cui posizione configura conflitti d’interessi con la deputazione da assolvere. Ed infine, andare subito ad eleggere il NUOVO PARLAMENTO DEGLI ONESTI ed il GOVERNO DEI GIUSTI per rifondare lo Stato dei lavoratori.

Una volta realizzati questi TRE primi punti, TUTTO IL RESTO DEL MEGLIO VERRA’ SPONTANEO E CONSEQUENZIALE a condizione che gli italiani imparino a non farsi più illudere dall’imbonitore di turno, perchè in verità il regresso politico di questi ultimi anni è venuto dal delirio collettivo ad appassionarsi degli effetti negativi del populismo. Alla Nazione ed al popolo urgono le necessarie soluzioni per uscire subito dalla mortificazione esistenziale di un sistema iniquo, e non promette bene attendere l’intesa delle grandi teste che proprio quest’oggi (20 Agosto) si sono date appuntamento in Parlamento per le Comunicazioni del premier Conte. La difficoltà, come si vede, sta solo nella SEMPLICITA’ DIFFICILE A FARSI, perchè alla casta viene DIFFICILE concepire l’onestà delle intenzioni: sono tutti pronti ad invocare il rigore, e nessuno di loro è pronto ad applicarlo a se stesso.

Ora, il “giustiziere” Di Maio, che strepita di ricatti, proposte e veti, non è certamente immune dalle responsabilità di aver consegnato il governo a Salvini e, allo scopo di sottolineare la sua immacolata diversità, si appropria di toni ultimativi tipici del politicantista della peggiore specie. Ma della sciagurata coppia Di Maio/Salvini risultano disgustosi soprattutto i trucchi verbali accompagnati dalla presunzione di ritenersi ciascuno il migliore in sevizio permanente effettivo, ignorando che già entrambi avrebbero dovuto dimettersi il primo da capo politico del suo Movimento soltanto per la cocente sfiducia subìta alle recenti Elezioni Europee, e l’altro per la primordiale prepotenza e abuso di potere sul caso “Diciotti”.

Pertanto, studiare e razionalizzare i pensieri sarebbe incisivo per un dialogo tendente ad addentrarsi ai veri problemi della crisi di governo piuttosto che oscurare il dialogo con le vaghe idiozie dell'analfabetismo politico o delle pratiche opportuniste finalizzate al proprio carrierismo. Auspico che dopo le comunicazioni di Conte l’emergenza della crisi sia un elemento utile di chiarificazione in un panorama politico disastrato, in cui la Sinistra (quella autentica e degna di questo nome) potrebbe tentare di recuperare consenso e agibilità politica prima che la nostra Italia affondi nel mare del populismo ipocrita.

Enzo Arena
20 Agosto 2019

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