De Antonio

S. Antonio 2013Ho letto con interesse le diverse lettere che si alimentano sul vostro sito dalle recenti festività patronali. Vorrei ricordare, nessuno lo sottolinea abbastanza, che al di là delle personali prospettive religiose, la festività del Santo Patrono è e rimane la festa della stessa nostra città, che in essa si rappresenta.

Il giorno della Festa del Santo, non dimentichiamolo, riveste una grande importanza sia dal punto di vista della Liturgia che da quello della pietà popolare. La religiosità popolare quando è genuina, deve essere apprezzata e favorita. Le espressioni della religiosità popolare se appaiono inquinate, come sempre più di frequente capita, da elementi non coerenti con la dottrina cattolica, vanno purificate con prudenza e pazienza: ecco perché penso che il nostro Arcivescovo, qualche anno fa, ha emanato il decreto che vi allego qui di seguito (*) e che ritengo possa essere molto utile al dibattito in corso.

“Il giorno del Santo - voglio citare inoltre un paragrafo del Direttorio vaticano su pietà popolare e liturgia - ha una grande valenza antropologica: è giorno di festa e la festa, è noto, risponde a una necessità vitale dell'uomo, affonda le sue radici nell'aspirazione alla trascendenza.

Attraverso manifestazioni di gioia e di giubilo la festa è affermazione del valore della vita e della creazione. In quanto interruzione della monotonia del quotidiano, delle forme convenzionali, dell'asservimento alla necessità del guadagno, la festa è espressione di libertà integra, di tensione verso la felicità piena, di esaltazione della pura gratuità. In quanto testimonianza culturale, essa mette in luce il genio peculiare di un popolo, i suoi valori caratteristici, le espressioni più genuine del suo folklore. In quanto momento di socializzazione, la festa è occasione di dilatazione dei rapporti familiari e di apertura a nuove relazioni comunitarie.” (**)

Giuseppe Gullotta
nipote di don Peppino “funnacheddu”
misterbianchese, mastro e devoto

(*) -  da www.diocesi.catania.it/visitapastorale/?q=book/export/html/96
(**) - paragrafo 232, Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia, Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, Città del Vaticano 2002, http://www.vatican.va/roman_curia/congregations/ccdds/documents/rc_con_ccdds_doc_20020513_vers-direttorio_it.html

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Interessante i pararagrafi

Interessanti i pararagrafi riguardanti: "Alcuni pericoli che possono far deviare la pietà popolare", su "Direttorio su Pietà Popolare e Liturgia, Congregazione per il Culto divino e la disciplina dei sacramenti, Città del Vaticano 2002"

"65. Il Magistero, che mette in luce gli innegabili valori della pietà popolare, non trascura di segnalare alcuni pericoli che possono minacciarla: l’insufficiente presenza di elementi essenziali della fede cristiana, quali il significato salvifico della Risurrezione di Cristo, il senso dell’appartenenza alla Chiesa, la persona e l’azione del divino Spirito; la sproporzione tra la stima per il culto dei Santi e la coscienza dell’assoluta sovranità di Gesù Cristo e del suo mistero; lo scarso contatto diretto con la Sacra Scrittura; l’isolamento dalla vita sacramentale della Chiesa; la tendenza a separare il momento cultuale dagli impegni della vita cristiana; la concezione utilitaristica di alcune forme di pietà; la utilizzazione di «segni, gesti e formule, che talvolta prendono una importanza eccessiva, fino alla ricerca dello spettacolare»;[71] il rischio, in casi estremi, di «favorire l’ingresso delle sette e portare addirittura alla superstizione, alla magia, al fatalismo o all’oppressione».[72]

66. Per porre rimedio a queste eventuali carenze e difetti della pietà popolare il Magistero del nostro tempo ribadisce con insistenza che occorre “evangelizzare” la pietà popolare,[73] porla in contatto fecondo con la parola del Vangelo. Ciò «la libererà progressivamente dai suoi difetti; purificandola, la consoliderà, facendo sì che ciò che è ambiguo acquisti una fisionomia più chiara nei contenuti di fede, speranza e carità».[74]

In quest’opera di “evangelizzazione” della pietà popolare, il senso pastorale suggerisce però di procedere con grande pazienza e con prudente senso di tolleranza, ispirandosi alla metodologia seguita dalla Chiesa nel corso dei secoli per affrontare sia i problemi dell’inculturazione della fede cristiana e della Liturgia,[75] sia le questioni inerenti alle devozioni popolari."

Se cattolico, crederei di trovare molti di questi pericoli in tante feste popolari (anche nella nostra), ma tant'è, teniamocele purchè non impongano tempo e spirito al puro laico.

Giovanni Santagati
 

 

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