Con 'Re Lear' Nando Gazzolo 'accende Misterbianco'

La sintesi tragica di Shakespeare: nell'impossibilità di rendere nella sua epica estensione le complessità di trama maggiore e intrecci minori che attraversano il vasto telaio del Re Lear (1605), Nando Gazzolo ne ha ristretto in un intenso atto unico i sentimenti più accesi: l'ingenua boria del vecchio padre...

Negli oscuri meandri del
cuore

MISTERBIANCO
‑ La sintesi tragica di Shakespeare: nell'impossibilità di rendere nella
sua epica estensione le complessità di trama maggiore e intrecci minori che
attraversano il vasto telaio del Re Lear (1605), Nando Gazzolo ne ha ristretto
in un intenso atto unico i sentimenti più accesi: l'ingenua boria del vecchio
padre, l'astiosa ipocrisia delle due figlie più grandi, la semplice sincerità
di Cordelia: e poi la lussuria latente in Goneril, la fredda brutalità di Regan,
la nascosta arroganza di Edmund il bastardo.
E tra questi, che sono i tipi della personalità umana, le sfumature della
saggia buffoneria del Fool e i vari atteggiamenti del marito succube della
moglie o torpido ma con risentimenti di umore. Tutto quello che il Bardo ha
scandagliato negli oscuri meandri del cuore viene messo in scena con
l'immediatezza e la continuità che i nostri spettatori richiedono: senza le
lunghe soste verseggiate, sfrondando le diramazioni non essenziali.
Conservando però lo spirito tragico dell'originale, sospeso tra una preistoria
indeterminata di sentimenti primordiali e una cronaca di orrori attuali: di
complotti per il potere, di tradimenti e fughe.
Su questo impianto concettuale, di grande efficacia, la regia di Nucci Ladogana
(che la chiama con modesto understatement messa in scena), propone gesti
essenziali, movimenti significativi tra le nicchie del potere e lo spazio
dell'azione, con i costumi dai rossastri riflessi di Santi Migneco, le musiche
dalle risonanze verdiane di Matteo Gazzolo, sulla traduzione, pura dai consueti
anglismi, di Stefano Tatullo.
Nando
Gazzolo impersonando il re Lear ha scelto la tonalità interiore: con lo sguardo
prono, la voce vibrante, il gesto raccolto: nulla del­le grida esasperate cui
una facile enfasi avrebbe portato. La tragedia è all'interno e anche lo
scatenarsi degli elementi nella scena della tempesta sulla brughiera selvaggia,
è ridotto a qualche lontano rintocco, a un gesto per scan­sare la inesistente
pioggia: non servono le finzioni meteoriche per rendere l'abbattimento del cuore
sconvolto non tanto dal vento quan­to dall'ingratitudine delle Figlie.
Magnifica la figura di Diana De Toni, come Goneril: il volto impavido, pronto al
sorriso accattivante, la figura elegante per nascondere un animo perverso, in
uno studio attento del contrasto tra esteriore beltà e interiore malizia.
Gioietta Gentile è stata una Regan tagliente, fredda, con rare finzioni di
sorrisi.
Clorinda Venturiello (Cordelia), in candida veste ha impersonato la semplicità
ingenua del cuore, toccante nel momento del dolore, commovente anche nel
silenzio della morte.
Tra gli
altri, si distingue Luca Pizzurro che ha raffigurato l'aitante Edmund,
concentrato di spavalderia e violenza.
Giorgio Carminati ha interpretato il Buffone senza bizzarrie, concentrando nella
parola quella saggia insolenza che di solito si configura in una mimica agitata.
Particolarmente accattivanti le figure giovanili disegnate da Simone Spinazzé
(re di Francia) e da Massimiliano Davoli (Edgar).
Roberto Santi (duca di Albany), Luciano Donda (duca di Cornovaglia), Carlo Di
Maio (conte di Kent) hanno reso con compostezza le parti assegnate.
Una azione fuori dal tempo, in cui le spade del nostro Novecento contrastano con
i panni elisabettani e i calzettoni del giullare che sono dei nostri giorni. Una
scena (di Daniele Trevisi) squadrata per chiudere la tragedia dell'ingratitudine
che porta alla morte degli altri e di sé.
Grandi applausi del pubblico che come di consueto ha occupato tutti i posti
disponibili nello storico piano di S. Maria degli Ammalati: ammutoliti e
commossi anche i ragazzini che diseducati dagli schermi tv finalmente hanno
visto una capolavoro dell'umanità in una interpretazione magistrale.
Devono applaudire anche l'amministrazione comunale che ha voluto fare cultura
sul serio e per tutti.

SeSc
La Sicilia 26/08/2001

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