Sulla morte dell'albero

AlberoCosì si convinse che anche i rami e i tronchi e le foglie e le ombre, facessero parte di quel progetto di vita che da dignità e valore, un tassello tra gli esistenti.
Si convinse che non esiste un solo tronco o un solo ramo simile ad un altro, da ciò la sua unicità e specificità e con essa la sua manifestazione di vita.
Ogni tronco che brucia, diffonde una sua vocina, uno sputo di scintille proprio, una sua forma di carbone, una sua forza interna che gli permette di donare luce e calore.
E l’odore, ogni legno ha il suo odore, emana le sue fragranze, sa suscitare umori, sa profumare i suoi aliti di fumo.
Tagliare un albero, il suo tronco, mette sempre di fronte all’evidenza di un crimine, fa palpitare i rimorsi, ripropone l’atto dell’uccidere, del dare la fine ad una creatura che vive.
Quando si taglia, la legna, emette il suo urlo forsennato di resistenza alla morte, i profumi della sua vita vengono emanati anche dopo anni dalla cesura, dal distacco dal tronco madre e dalle sue radici.
E nell’atto estremo dello spaccarla, la legna esprime la sua forza e la sua debolezza, punti in cui si lascia squarciare senza fatica per aprirsi nelle sue venature e nodosità e tratti in cui impedisce il passaggio anche alle più violente e taglienti accette o scalpelli, proprio come quando si spacca una mente umana, offerta alle manipolazioni degli aggiusta cervelli.
La distruzione di un albero crea sempre platee attente che partecipano alla sua caduta al suolo, sulla terra che l’ha visto nascere e crescere e fare ombra.
Assiste alla sua caduta una moltitudine di viventi che ne condizionano l’abbattimento: il vento che nel darle il suo ultimo saluto lo fa ondeggiare o lo sospinge accarezzandolo, la pioggia che s’intristisce nel non poter più dialogare con le sue foglie, il sole che perde per sempre gli equilibri delle sue ombre, le erbe private dei suoi nutrimenti, i volatili che si disorientano per la mancanza dei suoi parcheggi aerei e gli uomini che vengono privati del conforto del suo sibilare.
La morte di un albero è sempre una tragedia, una mancanza, una privazione insostituibile.
La legna parla… eccome, pensava Antidopo, e se ne convinse al punto che con esso intraprese un fitto dialogo.
Stentava a farlo credere a se stesso, e si sforzava di convincersi del contrario, ma nulla lo distoglieva dal credere che all’interno di quella pelle legnosa potesse vivere il popolo dei ricordi.
E i ricordi sono delle lance che si “conficcano” nel legno come le parole nelle cervella!!

Pasquale Musarra

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