Sulla "Casina Condorelli" e il progetto per il "Residence Bellini"

Edificio LibertyGentili lettori, sono nuovo del forum. Solamente adesso leggo la lettera che il concittadino Beppe Condorelli ha indirizzato al sindaco Nino Di Guardo, in merito alla salvaguardia della Casina Condorelli in contrada Chiusa del Grifo e, con il vostro permesso, vorrei esprimere la mia opinione.

Chi scrive e’ uno studente in ingegneria edile-architettura, appassionato di architettura restauro dell’architettura e storia locale, nonché proprietario di un piccolo appezzamento di terreno limitrofo alla tenuta dei Condorelli, e soggetto ad esproprio da parte della cooperativa.

Tralasciando, per il momento, i miei interessi privati, mirati ad evitare l’alienazione del terreno ereditato dai miei nonni, a cui la mia famiglia e’ fortemente legata, vorrei esporre delle osservazioni oggettive a difesa dell’oggetto architettonico in questione.

La Casina, oggi di proprietà della famiglia Condorelli, fatta costruire per conto dei baroni Calì fra la fine dell'800 e l'inizio del 900, è uno splendido esempio ben conservato di architettura eclettica, ovvero un connubio di più stili fra cui neoclassico, moresco, liberty. Tali caratteristiche conferiscono all’oggetto un’elevata istanza sia estetica, sia storica, tali da renderlo meritevole di salvaguardia.

Ho letto con piacere che il bene e' stato sottoposto alla attenzione della Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Catania , che spero si adoperi al meglio per la sua conservazione.

Ma voglio fare presente che tutelare un bene non significa solamente salvare quattro mura, ma anche tutelare il contesto in cui e' inserito e senza il quale perde il suo valore estetico, artistico e … economico.

Tale principio e’ contenuto anche nelle Carte del Restauro Architettonico. La Carta Italiana del restauro del 1932, all’articolo 6 recita: «insieme con il rispetto per il monumento e per le sue varie fasi proceda quello delle sue condizioni ambientali, le quali non debbono essere alterate da inopportuni isolamenti né da costruzione di nuove fabbriche invadenti per massa, colore e stile».

Il concetto, espresso in altri termini, e’ ripreso anche in altre carte del restauro più recenti.

La casina, ha un forte legame con il contesto in cui è inserita, in parte deturpato dalle costruzioni sorte lungo la via Madonna degli Ammalati, la via Vincenzo Bellini e la via Goffredo Mameli che negli ultimi anni tendono sempre piu’ a saturarsi.  

Basta osservare alcune fotografie d’epoca raccolte nei volumi di storia locale raffiguranti la casina per rendersi conto che essa fu edificata su un terreno soprelevato da cui si poteva godere della vista della neonata Ferrovia Circum-Etnea, dello Stabilimento Monaco, e dell’intero centro abitato. Oggi la casina e’ immersa in un agrumeto, con cui dialoga sia per colori sia per proporzioni.  Anche la palma –vittima degli attacchi del punteruolo rosso- che era presente a meridione della casina faceva parte della sua composizione architettonica.

Oggi la casina si trova in una situazione di grande pericolo. Ho consultato la variante di specificazione del piano regolatore per il centro storico del comune di Misterbianco e mi ha molto colpito il fatto che il documento tutela un piccolo fabbricato rurale che sorge sulla via Madonna degli Ammalati quasi di fronte la casina, e non questa stessa. Quel fabbricato forse aveva un valore storico potendosi considerare come esempio di edilizia rurale spontanea,  ma oggi non ha perso i suoi originali caratteri, a causa di una recente  ristrutturazione effettuata utilizzando tecniche e materiali totalmente estranei alla tradizione costruttiva locale. La casina, invece, e’ sfuggita all’attenzione dell’Amministrazione. Scusate ma lo trovo assurdo!

Allora non posso fare a meno di pensare che ci siano degli interessi economici e politici dietro certe scelte e che finiscono sempre per prevalere sulla cultura.

Al presente indirizzo - http://www.biusoimmobiliare.it/index_file/page422.htm - , sono pubblicizzate le villette che la cooperativa spera di realizzare

Fra i vari allegati sono presenti delle immagini di restituzione grafica che mostrano l'aspetto del complesso a realizzazione avvenuta. Osservando quelle immagini mi chiedo: dov'e' la casina in questi inserimenti? Che rapporto c’è fra gli «splendidi appartaville» (cito la pubblicità) e la Casina? Come può permettere l’amministrazione che venga realizzato un progetto di questa mole senza fare uno studio delle preesistenze e uno studio di impatto? Con quale coraggio sono state recentemente edificate quelle palazzine che deturpano la percezione della villa dal suo ingresso meridionale?

Potrei dilungarmi molto sulla qualità di quel progetto, ma per il momento lascio aperte queste domande sulle quali invito chi di dovere a riflettere. Cordialmente

Domenico Giaccone

tags: 

Commenti

Nel ringraziare il giovane

Nel ringraziare il giovane ingegnere il quale in modo cosi preciso e accorto ha illustrato l'argomento mi preme farvi osservare come gia' nel 1932, era fascista, le cose venivano pensate e fatte con un certo criterio al contrario di adesso dove tutto e' danaro e le opere antiche e i beni culturali vadano a fare... in tredici... per dirla pulita.

Enzo Messina

Caro Domenico, ti do del tu

Caro Domenico, ti do del tu perchè ci siamo conosciuti e della "Casina"  abbiamo in una occasione parlato. Su un solo punto ti correggo: la Casina fu costruita, come dici tu, a fine ottocento, da un mio prozio, l'avvocato Nino Calì, fratello della mia nonna paterna, che non era nobile, ma che aveva sposato la baronessa Concetta Carella da Leonforte dove esistono piazza e palazzo Carella.  Lo zio Nino si trasferì a Leonforte negli anni '20 e cedette la prprietà a mia nonna, cioè alla sorella. Il concetto di "bello" non alberga nell'amministrazione, passata o presente che sia. L'arcano sarà svelato quando compariranno i nomi dei costruttori e dei progettisti. Ho visto i depliant e ricordo ai lettori un proverbio inglese che dice di non vendere i pulcini prima che le uova si siano schiuse. Ai tanti buoni intenditori queste parole bastano. Grazie per il tuo intervento estremamente puntuale, ed un cordiale saluto

Beppe Condorelli

Ringrazio i lettori per i

Ringrazio i lettori per i loro commenti. Riguardo le carte del restauro, non vorrei essere stato frainteso. Quello  della salvaguardia dell’ambiente in cui sono presenti Beni Architettonici, è un tema che è stato lanciato negli anni 30, ma che continua ad essere ancora riconosciuto non soltanto a livello nazionale, bensì europeo. A sostegno di ciò riporto un’altra citazione tratta dalla Carta Europea del patrimonio architettonico  (Amsterdam 1975), punto 1: «Il patrimonio architettonico europeo non è costituito soltanto dai nostri monumenti più importanti, ma anche dagli insiemi di edifici che costituiscono le nostre città e i nostri villaggi tradizionali nel loro ambiente naturale o costruito. Per molto tempo, sono stati tutelati e restaurati soltanto i monumenti più importanti senza tener conto del loro contesto. Essi però possono perdere gran parte del loro valore se questo loro contesto viene alterato (…)». E lo stesso documento al punto 6 recita: «Questo patrimonio è in pericolo. È minacciato dall’ignoranza, dal tempo, da ogni forma di degradazione, dall’abbandono. Un certo tipo di urbanistica ne favorisce la distruzione quando le autorità attribuiscono eccessiva attenzione agli interessi economici e alle esigenze di circolazione. (…) infine e soprattutto, la speculazione fondiaria e immobiliare si avvantaggia di tutto e nullifica i migliori piani».

Per ciò che riguarda l’origine baronale della committenza, tale notizia l’ho desunta da alcune ricerche, ma è evidente che nessun altro meglio di Beppe Condorelli può conoscere la storia della sua famiglia e quindi far luce sulla questione. Perciò mi scuso per aver dato una notizia incompleta, e ringrazio quest’ultimo per i suoi chiarimenti che rappresentano un’ulteriore interessante spunto di approfondimento.

Domenico Giaccone

Pagine